lunedì 10 dicembre 2012

1992 - appunti ritrovati


Container di colori. Escrementi di pigmenti oleosi appallottolati in concentrato d’essenza. Esistenza. Continuità nel gesto fino al limite esterno di un foglio formato UNI previsto dal codice di taglio per un proficuo impiego di carta. In un tempo di espansione oltre le misure di gestualità possibile che richiede elevati affitti di studi-ex fabbrica chiusa per recessione. E lo sponsor dov’è. Ragionieri in banca e Mister Hyde di notte, per autofinanziamento del proprio doppio celato. C’è lato. UNI. Foglio standard che accoglie pigmenti riciclati di un ieri a colori che torna a puntate, a tracciare il seguito di un gesto introverso e pensato. Riflesso. Di un altrove vitale evitato. Celato. Pensiero trasparente di pellicola per alimenti che conservi intatta la fragranza di una tenue vibrazione di animo perso. Un tanto al metro. E me lo faccia di quel bel rosso vivo che risparmio la legna.  E ci sto davanti in poltrona per quei cinque minuti di relax senza camino. E’ triste fissare il termosifone. Pratico, caldo ma gelido. Gelo solo a pensare i prezzi di cornici e telai. Mi basta un foglio di appunti per oggi. Domani è diverso. Se torna. Quando torna il domani non è lui. E l’oggi mi sfugge e si squaglia in un gesto. Che scioglie il colore sul foglio con la sola energia del tracciare. La traccia di un moto distratto? La traccia di un colpo inferto. Automatico. nervoso. calibrato. deciso. strabordante. Qualsiasi aggettivo, e altri ancora, e anche. sbagliato. Forse il più bello. Un segno sbagliato acuisce di nuova attenzione l’azione. E cancelli.

Chiusi. Davanti a luoghi fuori orario in cui potresti vedere quei quadri che costano code di massa per sparpagliare cultura e rimpinzare casse senza risonanza magnetica. Cerco neurotrasmettitori attivi.