sabato 26 dicembre 2009

frammento

La parola vergata a mano scrive molto di più di quanto non voglia dire. Contiene.
E' ruga di emozioni senza maschere né cancellature.
E' una piega indifesa in cui infilare lo sguardo per capire le sfumature del pensiero celato tra le righe

venerdì 11 settembre 2009

frammento

Pixel verbali rapidi e concisi riassumono in flash i pensieri Bigini del dire. Compressioni jpeg di vissuto transitano a caccia di legami.
L’immaginario lievita nella madia-driver dei nuovi media e lo scrivente modella volti e vite da brevi frasi captate in chat, per trapiantare in parole tattili i propri sogni altrove

venerdì 28 agosto 2009

frammento

Un rapido movimento a chiudere uno spazio. Un segno cinge e strappa archiviando parole.
Mozziconi di pensieri come sapori nuovi o gesti improvvisi dirottano lo sguardo.
La parola accende giochi di rimandi sposta di casella il senso e ogni spazio di arrocco.

lunedì 17 agosto 2009

frammento

Mai sminuire il valore di un pomeriggio in cui tra un acino d'uva e un sorso di vino si sia piacevolmente persa la percezione del tempo e ritrovate le parole per dirsi all’altro senza remore e timori

venerdì 17 luglio 2009

About STAMPixel

Sent: Friday, March 18, 2005

> caro Claudio, non sono sparita di nuovo, ma sono giorni affastellati tra una mostra e l'altra. Sabato ho esposto per la prima volta alcune delle immagini di nuova nascita ed hanno suscitato curiosità e interesse. Ma io non mi sentivo pronta e tutt'ora sono convinta che la natura di queste immagini per essere letta nel modo corretto debba trovare altro luogo di nascita. Altra luce. Mi sento limitata nella conoscenza di ciò che mi accade attorno nei nuovi linguaggi, e per questo non in grado, se non in una vaga intuizione, di supportare il mio file e i suoi strappi. Ciò che di particolare mi piace di queste immagini è che ribaltano il concetto di reale e virtuale, o almeno così mi sembra. Ricordo che all'ultimo anno di accademia mi arrovellavo sull'idea della falsa conoscenza così diffusa nel mondo dell'arte. Si presume di "conoscere" perchè si è vista qualche riproduzione di quadri in quello che io chiamo “formato Fabbri”: la famosa enciclopedia d'arte che non riportava nemmeno le misure delle opere. "Conosco il tuo lavoro, ho visto un catalogo". Molto viene inventato nella propria mente come proiezione di un immaginario più o meno raffinato in grado o meno di avvicinarsi a quella che "dovrebbe" essere la reale natura di un'opera. Ricordo la prima volta che in Germania vidi dal vivo un'opera di Malevich. Capii di non "conoscere null'altro che ombre proiettate nella mia mente. Così cominciai a graffiare pellicole di diapositive scrivendo una sorta di diario segnico leggibile solo con la proiezione luminosa, e impossibile da riprodurre in cataloghi o altri luoghi di divulgazione che ne falsassero la natura. Le beghe in tipografia per un colore che non assomiglia alla foto del quadro....Che senso ha? Quando dipingevo ricordo le incazzature per un rosso mal riuscito in stampa...Ma già la foto era il primo orecchio di un lungo telefono senza fili, un passa parola che rende falso ciò che si conosce. Per quelle diapositive graffiate, (e per la mia mostra tascabile racchiusa in una scatoletta) quasi fui cacciata dal corso. Per arrivare al diploma feci la piega e portai i dieci lavori finali richiesti....Ma già non mi appartenevano più.
Con le mie concrezioni ho potuto litigare meno con i tipografi: il colore uguale non è così basilare, ma la questione è sempre rimasta in un angolo del mio cervello. Infatti quando studiai il mio primo catalogo nel '98 pubblicai una serie di piccole immagini tipo catalogo per corrispondenza, anzichè immagini ben visibili, che dessero a chi leggeva la presunzione di dire " conosco il tuo lavoro". Poi i galleristi mi misero alle strette....
Ma ora il tarlo torna. Ho trovato delle immagini di luce, come le antiche diapositive, delle immagini che sono reali e veramente conoscibili nel regno del virtuale dove nascono. Se io invio via e.mail la foto di una mia concrezione, invio un'ombra, se io invio un'immagine nata direttamente dal computer, invio il reale di quell'opera, che diventa un'ombra falsa solo quando le cerco un qualsiasi altro supporto per esporla...Ma forse è giocoforza cercarlo, ed emularne l'aspetto estetico e cromatico con inchiostri e carte e tele e i supporti i più disparati. E ognuno di essi sarà l'ennesima ombra.
Ma nel più attuale e diffuso sistema di comunicazione di adesso le mie immagini saranno vere, senza false letture, senza mediazioni e traduzioni distorte. E questo mi piace. Poi non so ancora se è un gioco destinato a sgonfiarsi, o se veramente posso dire di aver trovato il modo di lavorare a quattro mani direttamente con il codice binario, seppur approfittando di una sua involontaria svista...



E' che finora le ombre su carta o su tela che ne ho ricavato non mi soddisfano. Travisano. Sviano. E hanno cromìe non mi appartiengono.
Mi sa che mi vado a infognare in un percorso economicamente insostenibile e assolutamente travisabile, finendo con stampare... copriletti e tende, anzichè dire ciò che vorrei! Ma nemmeno il lato decorativo-commerciale riuscirei a far fruttare...
Eppure concettualmente il file che strappa e si autocompleta continua ad avere in sé un grande potenziale, sono io tecnologicamente inadeguata per trarne il meglio e temo saranno i computer stessi ad impedirmi di proseguire oltre lungo questo percorso. Presto mi chiuderanno fuori dai loro errori di programmazione, riconducendomi forzatamente entro binari predeterminati, senza vie di "strappo".

lunedì 13 luglio 2009

..

giovedì 19 marzo 2009

PIXEL con garanzia di Storia…

i perchè nascosti dietro il gioco dell’oca...



IL DADO E’ nel TRATTO

E’ il tratto che fa la differenza, la continuità nel percorso senza la quale non si costruisce la Storia, scelta dopo scelta, ponendosi una méta, pur senza dimenticare il tempo di pause e di attenzione al particolare.Un insieme di punti creano l’immagine di stampa, un insieme di pixel creano l’immagine a monitor, un insieme di chicchi creano nutrimento, un insieme di tratti di strada creano il percorso che costruisce il senso dell’Esserci.Gettare la spugna dinanzi a crisi e difficoltà significa rinunciare alla méta prefissata. Gettare i dadi è continuare ad accettare che nei nostri progetti interferisca il caso, a condividere o intralciare il cammino, ma non di meno significa proseguire.Forse ci si vedrà costretti ad aggiustare la rotta con la scelta di nuovi e diversi punti di forza, ma con profitto se al lancio dei dadi si unisce tenacia e creatività di pensiero.Dall’Arte e dall’imprevedibilità creativa di un artista possono venire sollecitazioni e riflessioni di nutrimento anche per altri ambiti lavorativi spesso con troppa linearità logica nel condurre il Gioco. E’ necessario difendere le differenze, le biodiversità della Natura così come di pensiero dell’Uomo. Nella diversità di approccio al fare si trova linfa fresca per proseguire, rigenerarsi, uscire dal labirinto in cui ci si intrappola quando si presume di essere detentori di ogni soluzione.La Storia la si costruisce con una lenta sedimentazione, passo dopo passo. Ci possono essere eventi favorevoli che ci danno la chance di superare qualche casella in un sol colpo avvicinandosi prima al traguardo prefissato, ma ci sono anche momenti di stasi e altri in cui si è costretti a retrocedere, ricredersi dei propri passi e ritentare con un diverso approccio. Gli eventi fortuiti bisogna avere l’attenzione e la prontezza di riconoscerli e coglierli per tempo, a volte anche innescando un corto circuito insolito nello sguardo con cui si analizza la situazione attuale. E’ importante sia l’attenzione al particolare che il tener sempre presente il tragitto già attuato . Le nuove strategìe da giocare per proseguire spesso si delineano da sè, quasi fossero già scritte e riconoscibili solo riordinando le carte in nostro possesso.Un insieme di parole crea comunicazione e informazione. Conoscere in profondità il proprio ambito lavorativo può anche divenire sterile se non si ha attenzione anche per i linguaggi necessari ad interagire con i campi tangenti al nostro. Se coltiviamo strettamente grano biologico ma i nostri vicini passano all’OGM, possiamo essere certi che presto ne saremo contaminati. Quali precauzioni possono essere prese da ciascuno di noi a tutela del nostro lavoro se non attraverso un continuo e attento monitoraggio e approfondimento anche delle motivazioni alla base delle mosse di chi ci gioca contro? L’informazione è il dado da lanciare in un momento di crisi come questo, è l’unica che può veicolare i semi che varrà la pena di far germogliare perché ci sia un futuro che valga la pena di accogliere e raccogliere. rf

martedì 17 marzo 2009

IMPUT IMPUT

Nel mio lavoro indago nei luoghi della comunicazione e delle parole con lo strappo e l’appropriazione di frammenti di ciò che vedo e tocco, ricostruendo concrezioni e improbabili marchingegni che diano un rivestimento tangibile, seppur immaginario, al mondo tecnologico con cui l’uomo ha aperto nuove e interessanti vie al comunicare.
...
Tracimando imput ogni rete s’irride di chi navighi privo di mèta.
Esaltanti cromìe catturano al clic tra banner di offerte lunari.
Tutto subito e ancora più gratis.
Sottocosto.
Sottocosta bordeggio sensi unici come vicoli ciechi.
Parole.
Lettere senza buca.
Buchi luogo d’arrivo. Bachi. Fosse baci. Ciliegie.
Un clic via l’altro e parole in connessione si palleggiano il tempo attorcigliando la curiosità al dito inquieto.
La foresta si fa bivi. Di finestra in schermata svanisce l’ora.
Sfioro tasti di tunnel contigui fino a gonfiarmi di rumorose noie.
Inciampo e sbarco tra cantieri di provvisorio.
L’annuncio mente e la botola si chiude in altre aperture.
Muri virtuali come reti di cantiere accennano luoghi invalicabili.
Il nuovo sorge e trasforma ogni baratro in torri e ring direzionando i passi in giro. Di vite.
Ho vinto la spesa. Di tempo e pensieri. Di attesa. Che ogni fame si faccia virtuale. raffo 2008

Dal catalogo " Nuove Sinestesie" - 2008

sabato 21 febbraio 2009

... far quadrare

Il quadrato
il riquadrare
la sequenza
la scansione

il continuo
il non finibile
l’infinitamente
qualsiasi

essenza
assenza
gioco scontato
e nuovo

un lieve filo
scorre
continuo
fluido
senza strappi
muti di e motivi

sabato 24 gennaio 2009

about wiki scraps





Fino ad ora nel mio lavoro uno degli elementi concettuali reiteranti è il sottolineare come non abbia più respiro possibile un gesto, un evento, una ricerca, senza il "supporto sponsor", quindi, e non solo metaforicamente, nelle mie concrezioni è la pubblicità che regge la ricerca.
Ora in questo ultimo lavoro sottolineo come sia la pubblicità stessa che crea l'evento per autopromozione.
Ho abolito il supporto e la dicotomia tra pittura e supporto che analizzavo fin dai tempi dei fogli con la pittura solo appuntata in modo transitorio ad un supporto "espositivo", i tempi in cui mettevo in vendita una parte del foglio su cui dipingevo, come spazio per eventuale pubblicità a pagamento (sempre i primi pastelli, costituiti da una rete di segni, informazioni emotive anzichè pubblicitarie, ma pur sempre frames).
Ora costruisco stralci di messa in rete delle informazioni che divengono pittura tridimensionale senza supporti. E senza spazi appositi per gli sponsor.


Tutto il lavoro esiste solo perchè esiste la comunicAZIONE pubblicitARIA. Non è più dissociabile in due momenti distinti: il supporto (la pubblicità) che regge il fare (il momento di ricerca).



Nella serie "Rumori visivi" del 2002 c'era il concetto "più la gente consuma e più fa girare l'economia, più l'artista trova elementi di supporto al suo fare" (sempre non solo metaforicamente...nel mio caso!). Sempre presente come riferimento è il ruolo primigenio dell’artista sciamano tribale, esonerato dall’andare a caccia grazie ai suoi disegni forieri di buona sorte per l’intera tribù, che per essi (i disegni...) lo nutriva (essa tribù..).
In “Rumori visivi” usavo il centinaio di scatole gialle trovate fuori da un negozio della Mandarina Duck e le farcivo e sventravo di elementi pittorici in 3D. Più gli altri svuotano scatole, più io ne ho per rifocillare il mio lavoro...
Anche nella serie “Deriva” il lavoro si autoreggeva senza supporti atti ad essere tali, come in molte concrezioni lungo tutto il mio iter (es: TuWWWuoi del 2002, senza una scatola supporto, unicamente costruito di materiale pubblicitario). Ma c'era sempre un elemento aggregante a consolidamento formale della concrezione.



Ora c'è la perdita di forma e la sottomissione alla legge di gravità: se tutto è retto dalla pubblicità, se non esiste evento senza comunicazione, la forma e il senso costruttivo dei contenuti della comunicazione crollano sotto il peso stesso della pubblicità... oltre un certo quantitativo non se ne regge! (si cercano gli sponsor per reggere la pubblicazione di una rivista o nasce la rivista per dare un supporto alla diffusione pubblicitaria?)





E qui intervengono i chiodi. Un anno (’95 credo) feci una piccola performance fotografica: andavo a casa di amici, appendevo ad angolo un mio pezzo piantando un chiodo, fotografavo l'angolo tra le pareti (solitamente non considerato come luogo di esposizione) e poi mi portavo via il pezzo lasciando solo la traccia dell'evento rappresentata dal chiodo, che con la sua sola presenza apriva le due pareti verso una terza parete mentale, interiore a chi avesse assistito all'evento.
Ora in questa serie degli Scraps il chiodo acquisisce nuovamente significato, non dissimile ma contiguo a quello della performance. Il chiodo rappresenta un punto di scelta nella lettura dell'oggetto, in se stesso informe. Un intervento di memoria formale individuale di chi maneggia la "rete", lo stralcio di "info on web". A seconda della propria acquisizione culturale del concetto di estetica si cercherà di disporre il “corpo molle del conoscere” nello spazio e farne un uso "rassicurante" dandogli una parvenza formale stabile secondo il proprio gusto.

raffaella formenti 2008

CAPTCHA


"Con l'acronimo inglese CAPTCHA si denota nell'ambito dell'informatica un test fatto di una o più domande e risposte per determinare se l'utente sia un umano (e non un computer o, più precisamente, un bot). L'acronimo deriva dall'inglese "completely automated public Turing test to tell computers and humans apart" (Test di Turing pubblico e completamente automatico per distinguere computer e umani).


Un test captcha tipicamente utilizzato è quello in cui si richiede ad un utente di scrivere quali siano le lettere o numeri presenti in una sequenza di lettere o numeri che appaiono distorti o offuscati sullo schermo.


In pratica ci troviamo a chiedere a un robot di riconoscerci come umani...

sabato 3 gennaio 2009

cesellare

intagli di parole che trasformino un foglio ripiegato in estensione di pensiero